top of page

Genesi del personaggio: Marino

Il protagonista del breve romanzo contenuto nella sezione ‘’Racconti d’acqua salmastra’’ è un vecchio pescatore vissuto tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600 a Chiozza, l’attuale Chioggia che si chiama ‘’Marino’’.

 

Nel personaggio di Marino si concentrano caratteristiche assai eterogenee.

 

Alcune di esse sono tratte dal mondo della letteratura, altre da quello dei fumetti, altre ancora prendono lo spunto dalla vita di persone realmente esistite. 

 

Infine, come appare ovvio, c’è molto di me stesso, in Marino.

 

Per tentare di definirne la genesi, rispondendo così ai molti che me ne hanno chiesto conto, non posso che partire dall’archetipo dell’uomo di mare così come tutti lo immaginiamo e così come è stato rappresentato assai meno grossolanamente di come abbia fatto io da molti racconti della letteratura classica.

 

Vi è molto di personale, poi, dicevamo. 

 

In primis, la mia passione per i racconti definiti gotici (Le Fanu, Poe, Shelley, ecc…) in cui la lettura fatta ai giorni nostri e con la odierna spregiudicatezza, determina un brivido dal sapore decisamente vintage tipica delle letture che io amo definire ‘’da caminetto’’.

 

Vi è poi un mio antico sogno di ambientare un cortometraggio noir in notturna a Chioggia, senza dialoghi, essenziale, alla maniera dei primi Nosferatu interpretati dall’ottimo Max Schreck (ritenuto egli stesso un vampiro anche al di fuori del set) per la regia del tedesco Murnau. 

 

Vi sono menzioni neanche tanto nascoste al primo Pratt della Ballata del Mare Salato e del suo meraviglioso Corto Maltese…

 

Ma vi è anche qualcosa di personale, di mio, di non rubato…

 

Marino infatti si muove in una antica Chiozza in cui la superstizione e le credenze popolari scandiscono la vita delle persone, ma in cui vive anche un personaggio (definito il Musicista) che esplora il mondo della matematica e della scienza in genere, oltre che della musica.

Interprete del risveglio della cultura dopo quasi due secoli di buio, conseguenza nefasta della Guerra del Sale contro Genova che aveva determinato la rovinosa caduta della città di Chioggia e delle sue genti.

 

Nello studio del Musicista, adagiato nello scrittoio, Marino inconsapevolmente prende in mano un’edizione Aldina nella quale compare l’Ex Libris di Aldo Manuzio (già conosciuto per il suo motto Festina Lente) morto a Venezia nel 1515.

 

Venezia, città lontanissima, a quei tempi…

 

Vi è poi una menzione ai luoghi misteriosi della città (la Corte Taccheo, tra gli altri) in cui, secondo una credenza popolare assai diffusa, le streghe celebravano i loro sabba ed i loro riti. 

Non a caso la battaglia finale è tra Marino, piccolo uomo dalle limitate risorse e la Vecia, una gigantesca ed orribile strega. 

Di racconti come questi, volutamente scarni nel plot e lontani da qualsivoglia sottile risvolto psicologico, è piena la storia della città. Città che per ben due secoli era un’isola artificiale (tra la metà del ‘500 e la metà del ‘700) e che doveva fare i conti quotidianamente con l’assenza prolungata dei maschi adulti, impegnati in lunghe battute di pesca, con la miseria che serpeggiava e con la radicata superstizione, appunto, determinata dal suo isolamento e dalla mancanza di scambi e di contatti benefici con la terraferma.  

 

Ho provato mentalmente a raffigurarmi Marino decine di volte…

 

Nel racconto faccio cenno al suo naso ed ai suoi occhi. Alla sua barba. Alle sue spalle possenti. Alla sua bassa statura.

 

Il suo volto è definito ‘’memorabile’’. Il suo sguardo ‘’limpido’’ e ‘’felino’’. Il suo naso ‘’marziale’’.

La sua barba biforcuta lo avvicina esteticamente ad un Nettuno…

 

E’ un uomo del suo tempo, incline alla violenza. Ma non fine a se’ stessa. 

E’ quasi un defensor pacis. 

 

Ha contatti assai sporadici con i suoi concittadini. Vive immerso nelle sue solitudini. 

Quelle della sua piccola casa e quelle della sua grande Laguna. 

Fuma la pipa di terracotta. Beve il suo vino, il ‘’Forte’’. Non ha figli. 

Sua madre ed il Prete, i suoi precettori, non ci sono più.

 

Immaginiamoci la sua pelle… scura, coperta di cicatrici e consumata dal sole e dal sale.

 

Immaginiamo per un momento l’ambiente ostile in cui egli è costretto a muoversi…

Freddo, umidità, carenze di ogni genere. 

 

Il contatto brutale e meraviglioso con la natura selvaggia. 

 

Le mattine terse e gelide che gli permettevano di vedere dalla sua barca le montagne. Apparentemente così vicine…

 

Continua…

bottom of page