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Marino

Chapter 1

 

Il vento gelido sferzava i possenti archi del Palazzo, proiettando gli schizzi d'acqua salmastra fino al grande portone ligneo, facendo presagire al vecchio pescatore nulla di buono per la battuta di pesca che lo avrebbe impegnato per i lunghi giorni a seguire.

Il dolore alla schiena quella fredda mattina era particolarmente forte, quasi da costringerlo a serrare i denti nell'attraversare l'arcata lignea di Ponte Vigo.

A quell'ora solo qualche gatto ciondolava per le strette calli dell'antica Clugia.

Marino amava quella vita disperata che lo faceva restare giocoforza "giovane" nello spirito e che lo rendeva ciclicamente molto benestante ...ma anche assolutamente povero, a seconda delle stagioni e che gli dava soprattutto la possibilità di restare a lungo solo con i propri fantasmi.

Ma la odiava anche, per le condizioni fisiche in cui lo aveva ridotto, preda da anni di dolori reumatici fortissimi e disseminandolo di lunghe cicatrici che, scorrendo parallele ai possenti nerbi, facevano apparire le sue braccia simili per colore e conformazione ai tronchi che il mare sputava d'inverno sulla spiaggia, lì, in Marina.

Come già era accaduto in passato, in tutta la città, le uniche luci accese a quell'ora erano quelle della vecchia taverna giù al porto e quelle dello studio del Musicista, suo compagno di bevute in gioventù.

Chissà se i suoi occhi lo avevano abbandonato del tutto, o se ancora conservavano un po' della loro luce, rimuginava il vecchio pescatore, ricordando quanto fosse fragile quel suo strano, unico e geniale amico.

Non aveva tempo per fermarsi, non avrebbe poi saputo giustificare l'assenza di anni ...e poi, poi era veramente conciato male ultimamente... gli stessi servi l'avrebbero cacciato via prima ancora che potesse aprir bocca.

Si ricordò allora di avere con sé la logora sacca nella quale aveva stipato vivande per i giorni a seguire, estraendone una bottiglia di "Forte", della quale trangugio' in fretta un lungo sorso che gli fece dimenticare,per un po', il freddo ed il dolore...

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Chapter 2

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Molti anni prima gli era capitato, proprio durante una bevuta in compagnia del Musicista, giu' alla Taverna del Porto, di doverlo proteggere... proprio lui che amava farsi i fatti suoi e cercava di evitare le zuffe... suo padre d'altronde in una di quelle violente risse aveva perso una mano ...e si era pure beccato le carceri, restandone inghiottito.

Succedeva sovente che, col cuore scaldato dal vino e dalle donne, il Musicista, momentaneamente dimentico della propria gracilità' e dell'assoluta incapacità di armeggiare, si rendesse protagonista di bislacche provocazioni ai danni degli altri, torvi, avventori della Taverna, poco inclini all'arte ed alla cultura e, contrariamente a lui, coi pugni sempre pronti ad efficaci serrate.

Quella notte, Marino ed il Musicista di vino ne avevano consumato in abbondanza, per celebrare il sospirato rientro da Venezia del secondo e le loro attenzioni si erano rivolte (con particolare grevità e sguaiata allusività') nei confronti "dea Roxa", avvenente giovane arrivata in città dalla campagna pochi giorni prima.

Il Musicista, mosso da sentimento sincero (quanto da feroce ardore) prese a recitarle un poemetto vezzoso che, con tono di improvvido scherno, terminava con un sonoro calcio nel culo di un energumeno, scelto a caso fra gli astanti ed eletto dal Musicista ad archetipo del Minus Habens, che, in linea con la sua predetta condizione, non riuscendo a cogliere la sottile vena comica dell'altrui gesto, fece piovere una teoria di pesanti ceffoni sul volto del focoso bardo, stendendolo ai piedi della musa ispiratrice.

Marino, che fino a pochi istanti prima trovava buffo quel teatrino, ma che all'energumeno arrivava forse allo sterno, pescando nella propria personale riserva di Rabbia le energie necessarie, gli fu addosso all'istante con un ruggito.

La zuffa fu assai violenta, tanto da scoraggiare i pochi avventori rimasti ad intervenire ...e termino' nel gelido canale antistante, dal quale l'energumeno dovette essere tratto a peso, svenuto.

Fu quello l'unico suo "contributo alla vita civica" della sua città ed il clamore per l'impresa si spense velocemente all'arrivo delle Feste, ricoprendo Marino di una, peraltro apprezzatissima, coltre di anonimato.

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Chapter 3

 

In realtà qualche altro "contributo" alla salute della sua città lo aveva dato, Marino, durante i feroci scontri contro i giganti comacchiesi, durante le incursioni sul grande fiume per l'approvvigionamento dell'acqua dolce.
Con la sua tartana infatti, in compagnia di una dozzina di concittadini, Marino soleva un tempo spingersi fino a quei lidi per imbarcare grandi quantità di acqua potabile, da rivendere "al mestolo" al rientro in città.

I comacchiesi però tolleravano poco le loro incursioni e quell'estate li attesero "al varco", riservando loro un'accoglienza ben poco amichevole.

Di dodici uomini, solo in nove fecero ritorno a casa e due di loro non poterono vedere le luci livide dell'inverno.

 

 

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Chapter 4

 

 

La sua casa, se così poteva definirsi l'angusta stanza con camino in cui viveva da sempre, dava su un campiello che godeva in città di una pessima fama.

In quel luogo appartato, si diceva la notte si radunasse, attorno ad una vecchia strega, una cerchia di adepte, per praticare sortilegi di ogni sorta e tipo.

Marino sapeva da cosa originasse quella credenza e si guardava bene dal rientrare prima dell'alba nelle notti trascorse fuori casa a pescare.


Quando invece doveva trascorrere la notte dentro casa, assicurava la porta con un pesante cardine e si preoccupava di non far spegnere il fuoco, fumando la pipa in terracotta sino a tarda ora.

Non che avesse veramente paura della Vecia, come la chiamava lui, ma una naturale diffidenza contro chi "si impastava" col diavolo era in lui ben presente, complici anche i precetti ricevuti dal Prete quand'era ragazzo.

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Chapter 5

 

Marino aveva avuto solo tre precettori:
la madre, che gli aveva insegnato a fidarsi solo del proprio naso nelle scelte che la vita pone tutti i giorni; il vecchio Prete, che gli aveva insegnato i nomi dei Santi ed a disegnare col lapis; il Vento, che lo aveva fatto presto diventare un abilissimo uomo di mare.

Sua madre ed il Prete con gli anni se n'erano andati, mentre il Vento continuava a soffiargli la sua saggezza anche ora, che era diventato vecchio e che aveva bisogno più di cure che di buoni consigli.

Ma era anche colui che, il Vento, continuava a gonfiare la logora vela della sua vecchia tartana, permettendogli ancora di distinguersi per le capacità produttive della propria, personalissima, pesca.

Lui no, non li avrebbe mangiati i cani, i gatti, i topi, come in molti vide fare negli anni terribili della sua infanzia.
No, non avrebbe partecipato a quell'orribile banchetto, imparando, nei lunghi giorni in cui il gelo imprigiono' le barche serrandole con la sua morsa, a convivere con il lancinante dolore che la Fame, quella vera, sapeva produrre.

 

 

 

Chapter 6

 

 

Prima di raggiungere la sua barca Marino, sfruttando il calore derivatogli dalla lunga sorsata di "Forte", volle allungare di qualche passo, per passare davanti alla Chiesa di San Giacomo, dove da ragazzo aveva imparato a disegnare dal Prete, mentre sua madre, giu' in calle, intesseva le nasse per guadagnare qualche spicciolo.

Era come se, transitandovi innanzi, in lui si infondessero le forze caratteristiche della giovinezza, il tempo si ritraesse e la vita scorresse più lieve.

Non vi entrava da molti anni, nella grande Chiesa, ma il solo vederla gli era sufficiente.

Di lì, alla propria barca il cammino fu breve e Marino si trovò, per l'ennesima volta, a compiere quei gesti che, nel corso della vita, gli avevano permesso di primeggiare sugli altri pescatori.

Dopo aver sistemato il pane secco ed il tegame con i pesci in salamoia dentro la piccola stiva, verifico' che vi fosse sufficiente acqua dolce nel catino.
La coperta l'aveva gia' stesa il pomeriggio innanzi, l'olio della lampada era a livello ed anche la vela era stata rammendata in quell'occasione.

Un'ultima occhiata che le nasse fossero stese con cura e che il "Forte" fosse a portata di mano e salpò.

 

 

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Chapter 7

 

Sulla prora della sua tartana vi era disegnata una stella, inscritta in un cerchio, mentre lungo la chiglia due nastri rossi dipinti correvano sino al possente timone, a poppa.

Alla fine dell'inverno, ogni anno, Marino si premurava di ridare la pece al fasciame della vecchia barca e di ritoccare i simboli dipinti che inesorabilmente il salso rovinava.

Non era mai stato all'Arsenale a Venezia, ma un tempo si era guadagnato il pane come calafata ai cantieri che avevano reso grande la sua città,  archiviati gli antichi fasti frutto della raccolta del sale.

Lì, senza che nessuno si premurasse di insegnargli come, aveva imparato a riparare le barche ed a mantenerle in perfetta efficienza.

Imparò che se il legno passava prima per il fuoco che per l'acqua, la barca navigava meglio e durava di più.
Imparò a maneggiare la pece rovente senza ferirsi e scoprì le differenze di resa tra i legnami.

Sua madre poi, cantando nenie seduta in calle con le altre donne a lavorare, gli aveva permesso di scoprire i segreti della veloce tramatura delle nasse e la maniera per stenderle e piegarle con facilità.

In più, il materno precetto di usare il naso e di fidarsi solo di esso, in mare, (...ma soprattutto in laguna...) facevano la differenza tra una buona od una cattiva pescata.

Infine c'era il Vento, suo "secondo" fidato, che faceva il resto...

 

 

 

Chapter 8

 

 

Avvolto dalla solitudine della sua laguna, Marino era solito abbandonarsi ad intime riflessioni, lasciando che le sue mani (guidate dal suo celebre olfatto) compissero gesti precisi e volti ad una proficua pesca.

Inconsapevolmente, egli era un pescatore-filosofo, sebbene senza nessuna preparazione teorica, Marino riusciva a far librare la sua mente oltre il piano meramente meccanico delle proprie azioni.

La vecchia pipa in terracotta, il cui camino aveva arso chissà quante prese di tabacco, scandiva con le sue boccate  lo scorrere del tempo  in quel luogo astratto e rappresentava segnatamente il suo alter ego. Era il suo, ieratico, unico interlocutore, che con lo sguardo perennemente rivolto all'orizzonte, si faceva artefice  di mille tacite risposte.

Quella pipa gli era stata regalata molti anni prima dal Musicista, che aveva commissionato all'amico un proprio autoritratto che, poi, le sapienti mani del Piparo avevano saputo fedelmente riportare sull'argilla.

All'epoca il viso di Marino era decisamente uno di quei volti  "memorabili": lo sguardo limpido, di un verde molto chiaro, un taglio d'occhi quasi felino, con un naso "marziale" ed una barba riccioluta che, verso il culmine gli si biforcava, a ricordare il giovane Nettuno.

Sembianze da (dimenticato) semi-dio, da primo fra gli ultimi, degnamente rappresentate anche dall'ampio torace e dalle possenti spalle che la natura gli aveva donato.

La statura, come spesso si riscontrava negli abitanti della sua terra, gli faceva difetto e questa condizione gli si paleso' principalmente negli anni spesi ai Cantieri, quando lavorava al fianco dei "colossi" friulani e slavi.

Anche con loro gli esordi non furono dei migliori, ma la sua tenacia gli meritò in seguito il rispetto di tutti.

Ricordava bene la mattina in cui, per errore, ferì un compagno, scatenando la reazione immediata di un gigantesco Schiavone che lo scaraventò al suolo con un pugno, spappolandogli il naso.

Anche in quel frangente, Marino si ritrasse elasticamente dal suolo, definendo rabbiosamente, per gli anni a venire, i confini tra "il vero ed il falso" tra calafati, impartendo una robusta lectio al manesco Schiavone. 

 

 

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Chapter 9

 

 

Afferrò con la mano un pane secco e con l'altra la bottiglia di "Forte".

Evidentemente i ricordi di quella zuffa gli avevano procurato appetito.

Ben lontano dalla sua barca poteva scorgere con discreta chiarezza alcune fioche luci dell'Isola della Gente con la Pelle Scura, con cui sovente aveva avuto il piacere di uscire per battute di pesca da ragazzo.

Il loro modo di pescare però era veramente rudimentale, tanto che in cinque uomini riuscivano a stento a pareggiare con il solo Marino.

Ma era gente semplice, diretta, sincera...

Con cui difficilmente avrebbe potuto baruffare, perché a Marino quel tipo di confronto non infastidiva.

Anche se quelle gente si sentiva decisamente legata alla grande Venezia, dopo che Chiozza era stata spodestata dal predominio dei traffici legati alla raccolta del sale, tanti, tanti inverni prima.

Il lento fluire dei suoi pensieri fu improvvisamente interrotto da un colpo sordo, a prora, come se un tronco fosse stato colpito... 

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Chapter 10

 

Si erse rapidamente dalla posizione di quiete che gli aveva conciliato quei pensieri e si mosse verso prora afferrando il lume ad olio per poter vedere quello che, in base alla sua lunga esperienza, non poteva che essere un grosso tronco trascinato in acqua da una bufera chissà quanto tempo prima ma, con grandissimo stupore non vide nulla...

Gli occhi, abituati alla notte lagunare, non lo ingannavano... né a dritta, né a manca vi erano tronchi od oggetti galleggianti di altra natura.

Marino sapeva con esattezza dove si trovasse e quanto il fondale fosse profondo in quel punto, nemmeno lo sfiorò pertanto il pensiero di essere su di una secca.

Da moltissimi inverni solcava quelle acque, ben sapendo che, seppur pescosissime, non ospitavano creature di dimensioni tali da poter provocare un rumore simile, collidendo con una barca solida come la sua vecchia tartana.

Erano anni che non si sentiva in quel modo... senza risposte, insicuro, spaesato e, forse, un tantino impaurito...

Il suo rapporto con la natura circostante, con la sua città ed i limitati contatti con i suoi simili gli permettevano di poter contare su risposte certe ad ogni situazione gli si ponesse innanzi.
Il suo era un mondo di certezze, di ritualità, ciclico e totalmente privo di angoli oscuri. Almeno sino ad ora...

Marino, solo nella vasta laguna, sentiva che qualcosa aveva scombinato le carte, lo aveva lasciato turbato ed apparentemente senza risposte.

Il vecchio pescatore dallo sguardo fisso e ferino, dai gesti lenti e sicuri, sembrava ora un fanciullo con gli occhi che scrutavano senza sosta l'ambiente circostante in una danza imperterrita ed ansiosa, che improvvisamente si fosse destato da un sonno carico di incubi nel buio della propria stanza.

 

 

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Chapter 11

 

Le ore che seguirono furono segnate da pensieri confusi.

 

Decise di rientrare in porto, in quanto un improvviso bisogno di rivedere il suo vecchio amico musicista si impadronì della sua anima.

 

Certamente avrebbe atteso le prime luci del mattino, anche perché si rendeva d'obbligo un passaggio a casa ed il solo pensiero di dovervi arrivare nottetempo, ora, dopo l'inspiegabile episodio in laguna, lo infastidiva davvero.

 

Non che a casa potesse contare su vestiti migliori, ma quantomeno si sarebbe potuto riaccomodare i logori stracci che da qualche tempo a quella parte costituivano la sua, cenciosa, uniforme. 

 

Rientrò esattamente sul nascere del sole e prima di ripiegare verso casa volle sfruttare quella condizione di luce per verificare se vi fossero tracce sulla prora della sua tartana di quella che a tutti gli effetti gli era sembrata una collisione con un oggetto di notevole peso.

 

Non vi erano danni visibili, anche perché il ferro di prua era particolarmente robusto in quel tipo di vecchie imbarcazioni da carico. 

Notò pero' qualcosa di strano, che inizialmente a dire il vero non lo scosse granché: i pentacoli dipinti sui fianchi anteriori della tartana erano quasi completamente rimossi, nonostante la recente dipintura...

 

Prese la sua sacca e, contravvenendo ad un'antica consuetudine, non indugio' nel riordinare il ponte della barca, limitandosi a spegnere il lume ad olio.

 

Confortato dalle luci dell'alba, si diresse invece rapidamente verso casa, respirando profondamente l'aria fredda e odorosa della sua città.

 

Attraversò il sottoportego che fungeva da unico accesso alla corte dove da sempre viveva e, con una spallata vigorosa, aprì la porta di casa e, poggiata la sacca, si distese nel suo giaciglio, abbandonandosi ad un sonno profondo.

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Chapter 12

 

Si destò improvvisamente, svegliato dallo stridio che i cardini della porta, consunti dal salso, emisero all'aprirsi di questa.

Non si sarebbe affacciato nessuno, Marino lo sapeva bene.

Sotto l'azione del sole di mezzogiorno le tavole di cui era composta la vecchia porta si muovevano, modificando la propria curvatura, facendo sì che questa si aprisse, se non assicurata dall'interno con la sbarra.

Ma, nonostante lui conoscesse bene quel fenomeno che da anni si riproponeva, ne avverti' per la prima volta l'aspetto sinistro...

Con l'acqua dolce rimasta si lavò energicamente il viso, fece due prese di tabacco per la pipa ed uscì.

Si diresse verso il palazzo dove il suo vecchio amico viveva, cercando di elaborare un discorso che avesse un senso compiuto, da presentare non tanto al padrone di casa, sulla cui comprensione sapeva di poter contare, quanto alla feroce coppia di servi che lo avrebbero accolto. 

 

 

 

 

Chapter 13

 

Camminava veloce con lo sguardo fisso a terra, facendo delle lunghe tirate di pipa nelle quali cercava aiuto per formulare il discorso che lo avrebbe introdotto, dopo anni di assenza, nel palazzo dell'amico.

Dimora che raggiunse in breve tempo, tanto da accorgersi di non aver potuto mettere insieme più di tre parole da esporre ai servi.

Si ricordò allora di quello strano fenomeno che aveva distrattamente osservato poche ore prima sui fianchi anteriori della sua tartana, ormeggiata nelle immediate vicinanze.

Volle allora allungare di poco il suo cammino per ricontrollare con il favore della luce di mezzogiorno l'anomalo sbiadimento dei pentacoli dipinti sulla vecchia barca.

Giunto nel luogo dell'ormeggio, constatò sbigottito come effettivamente entrambi i segni posti a dritta ed a manca del ferro di prua fossero quasi del tutto cancellati, come sotto l'azione di una forza contraria applicata ad essi per lunghissimo tempo.

Ricordava bene pero' di averli ripassati da poco con il colore, come era solito fare ogni anno alla fine dell'estate, sin da quando era ragazzo.

I Pentacoli, come gli aveva insegnato a chiamarli il Musicista molti anni prima, simboleggiavano con le loro cinque punte sia i quattro Elementi terreni che lo Spirito e, che lui ricordasse, erano sempre stati presenti su quella vecchia barca.

Ritorno' rapidamente verso il palazzo, impaziente di porre al savio amico le domande alle quali lui, vecchio pescatore senza cultura, non sapeva dare risposta.

Giunto innanzi al portone, una volta che ebbe afferrato il pesante battente, lo percosse due volte con forza. 

 

 

 

Chapter 14

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Dopo un paio di minuti da dietro lo spioncino del pesante portone si udì un ‘’siiii?’’ assai poco incoraggiante al quale Marino rispose con un improbabile e poco convinto: ‘’sono io, dovrei vedere il Musicista’’ …seguirono lunghissimi minuti di silenzio, ai quali pose fine solo il fragore del portone che si spalancava dinnanzi a lui.

 

‘’Non la aspettavamo’’ fecero notare con superfluo puntiglio i due servi, guardando di sbieco il vecchio amico del loro signore, o meglio, quello che ne restava dopo anni di vita randagia.

 

Marino si fece coraggio, sentiva di odiarli ma accennò un sorriso con il quale accompagnare un più convinto: ‘’necessito di parlargli, subito, grazie’’ al quale i servi risposero, da protocollo, precisando: ‘’il signore non intende riceve visite, quest’oggi’’ che non scoraggiò Marino dall’insistere, con maggiore impeto: ‘’ditegli che sono qui, o entrerò comunque!’’… nonostante la non più giovane età sentiva ancora il sangue ribollire ed il suo sguardo, accantonate momentaneamente le angosce, era tornato quello di sempre…

 

La serva lo invitò con un motto ad attendere nell’ampio atrio del palazzo, sotto lo sguardo preoccupato ma vigile del marito, scoprendo velocemente dietro una tenda che celava una scalinata in pietra.

 

Ricomparve poco dopo, con impresso sul volto tutto lo sdegno e la disapprovazione di cui era capace, intimandogli comunque di seguirlo.

 

Attraversarono insieme la tenda e risalirono i molti gradini in silenzio, accedendo all’ampio salone travato dove, molti anni prima, avevano a lungo discusso, fumato e bevuto.

 

La serva con malcelato disgusto lo invitò a sedere in un angolo e ad attendere l’arrivo del suo signore.

 

Lungo le pareti del salone correvano paesaggi dipinti di una bellezza celestiale. Figure maschili e femminili, animali e piante, rappresentati con colori vivaci.

 

Al centro della stanza, un enorme tavolo sul quale giacevano decine di volumi rilegati, quelli sui quali, da sempre, il suo vecchio amico aveva trascorso i giorni, le notti ed i giorni a seguire.

 

Ne afferrò uno, con tutta la grazia che le sue robuste mani gli potevano concedere e lo aprì lentamente. 

 

Non sapeva leggere e, sbagliando, interpretò la figura impressa all’interno come qualcosa che trattasse di pesca, di mare, di barche e si stupì che l’amico potesse avere interessi simili e diversi dalla musica e dai numeri, che da sempre lo avevano attratto.

 

Riguardò ancora quel delfino avvolto ad un’ancora e, mormorando un’imprecazione anch’essa a tema marinaresco, richiuse il volume.

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Chapter 15

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Saltò sulla sedia, spaventato dall'improvviso spalancarsi della porta collocata sul lato opposto della stanza.

Delle tre figure che gli si pararono innanzi, solo quella al centro attirò la sua attenzione.

Era il Musicista, sorretto dai servi, che a piccoli passi si avvicinava al grande tavolo centrale.

Il suo volto, che pareva di cera, era rivolto non verso Marino, ma verso un punto indefinito, vicino alla grande finestra.

La sua, prima, domanda ebbe allora una risposta ...no, gli occhi dell'amico non funzionavano più...

Attese che questi si sedesse per avvicinarglisi e, senza parlare, gli prese la mano con una grazia inconsueta.

Furono allora infiniti momenti di silenzio, furono copiose lacrime a solcare i loro vecchi visi, furono menti diverse e cuori simili finalmente riuniti.

In quel luogo, in quell'attimo, non vi era null'altro che forza, contegno e dignità, virtù virilmente inespresse dai due sebbene selvaggiamente pronte ad esplodere.

Il pudore, anzi la vergogna, di Marino, venne assorbita dal sapiente, che scelse di esordire con un inoffensivo: "Ti aspettavo, vecchio cencio" al quale Marino, asciugandosi goffamente il viso rispose con un: ""ho avuto da fare, vecchio matto".

Il Musicista con un gesto elegante della mano ordinò ai servi di congedarsi e, solo ora, indirizzo' le proprie orbite verso il Pescatore che, rabbrividendo, deglutì forte.

"I tuoi occhi..." balbettò Marino, che venne pero' interrotto bruscamente dal Musicista che gli si rivolse con tono greve: "raccontami quale dolore ti affligge, amico mio, dei miei occhi oggi non disquisiremo". 

 

 

 

Chapter 16

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Marino trovò iniziale sollievo nel vuotare il sacco inanzi all'amico, che ascoltò in silenzio il disarticolato racconto del vecchio pescatore.

Quando Marino ebbe finito di parlare, senza accorgersi si era avvicinato di molto al viso dell'amico, pendendo quasi letteralmente dalle sue labbra, in attesa di una risposta.

Ma quella che ricevette non fu propriamente di immediata comprensione.
Il Musicista gli disse: "Tutte le cose create da Dio, furono da Lui col Numero ordinate"

"Ma, sappi Marino, che non tutte le cose furono create da Dio" aggiunse.

E continuò, adombrandosi: "Per domare codeste cose, vi sono i Segni, in quanto il Numero agisce sotto la luce perfetta e limpida dell'Onnipotente Padre ma nulla può sulle Ombre.
Esse si possono riordinare solo con i Segni".

Marino ascoltò, senza capire una sola parola del discorso del Musicista il quale cosi', repentinamente, chiuse: "Ora debbo desinare, amico mio, troverai la serva al piano di sotto che ti accompagnerà all'uscita".

Marino si trovò fuori, nella Riva, senza poter capire cosa fosse accaduto, provò freddo ed, improvvisamente, si sentì stanco e smarrito.

 

 

 

Chapter 17

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Non mangiava da chissà quanti giorni e sentiva che avrebbe perso il controllo della propria ragione se non avesse riposato e mangiato a dovere.

Si diresse verso casa e, prima di entrarvi, volle dare uno sguardo alla vecchia vite che avvolgeva quasi interamente la facciata della casa posta a fianco alla sua.

Sin da quando era bambino, quell'albero era stato lì.
Si chiese quanto mai potessero vivere le piante di vite ma non seppe darsi una risposta.

L'unica cosa che sapeva, piuttosto bene, peraltro, in tema di botanica era che la vite era importante, perché da essa i contadini ricavavano il "Forte".

Accese il camino, mangiò pane e pesce secco in quantità e, senza preoccuparsi che fosse appena passata l'ora di pranzo, si stese a dormire.

Le parole del Musicista gli continuavano a tornare alla mente ma proprio non afferrava come queste potessero legarsi a quanto gli era accaduto in laguna la notte precedente. 

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Chapter 18

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Vi era una luna enorme ed il vento soffiava forte quella notte. Egli tornava da una bevuta giù al porto e cercava di porre in fila un passo dopo l'altro, divertendosi a passare la pipa fa un angolo all'altro della bocca, quasi a voler controbilanciare gli sbandamenti conseguenti alla sbornia.

Era fiero di sé, in quanto era riuscito a non azzuffarsi con nessuno quella notte.

Avvicinandosi a casa, prima di varcare il sottoportego, decise di rallentare il passo e di sfilarsi gli zoccoli dai piedi, per non fare rumore.

Strisciando lungo il muro, si affacciò lentamente e, alla vista di ciò che poté distintamente scorgere, trattenne a stento un urlo.

La Vecia, di spalle, descriveva un cerchio sul terreno, sotto il vigile sguardo di altre due figure femminili.

Marino sentiva di voler scappare con tutte le forze, quando un odore pungente di erba bruciata gli invase le narici, stordendolo e facendolo quasi cadere.

"Avvicinati, vecchio" si sentì intimare Matino "...non temere, il tuo bel palazzo ti aspetta!" cui seguì una risata agghiacciante...

Prima che la Vecia si girasse verso di lui, Marino si risvegliò sudato fradicio nel suo letto... 

 

 

 

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Chapter 19

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Aveva sete, ma l'acqua era finita.

Aveva il "Forte", ma non volle bere.

Sapeva di essersi svegliato nel cuore della notte ed aveva paura.

Ma non amava sentirsi prigioniero, decise pertanto di alzarsi e, forse, di uscire ad affrontare ...qualsiasi cosa avesse trovato fuori da quella porta.

Si avvicinò al camino, ormai spento e con il tizzone batté le ceneri per poter accendere la pipa.

Fumare gli avrebbe fatto bene, gli avrebbe dato coraggio ed avrebbe fornito forse le risposte che cercava ormai da giorni.

Mentre batteva con il ferro la base in pietra del camino, udì un rumore metallico insolito.
Si avvicinò e spostando la cenere con le mani avvertì qualcosa che afferrò e che, una volta pulito, lo riempì di stupore e, ancora nuove, domande.

"Cos'è questo?!" disse a sé stesso, studiando l'oggetto che stringeva tra le mani.
"Come può essere finito nel mio camino?" continuò Marino che, ormai, era solito ragionare a voce alta nei momenti di ambasce.

Ma mentiva a sé stesso in quanto  conosceva bene il nome di quell'oggetto metallico che riproduceva, con fattezze grossolane, i Pentacoli un tempo dipinti sulla sua tartana.

Ed oltre al nome di quell'oggetto, ripensando alle parole dell'amico, incominciava anche a comprenderne vagamente l'utilizzo, o meglio, il potere. 

Chapter 20

Il cibo ingurgitato in quantità gli aveva comunque restituito forza ed il sonno, seppur turbato da incubi, aveva giovato alla sua mente.

Ripensò ancora alle parole del Musicista, il quale gli aveva detto che a ciò che non è creazione di Dio, si mette ordine con i Segni.

"...Ma, come?!"
Quell'oggetto era privo di lame, non poteva essere brandito in alcun modo ed era, diversamente dagli strumenti che Marino si trovava quotidianamente a maneggiare, incredibilmente leggero.

Come poteva essere utilizzato? Certamente non come arma...

Ma il fatto di averlo in mano, curiosamente, lo rendeva più sereno, più forte e gli infondeva coraggio.

Decise pertanto di uscire in Corte, ma volendo sfruttare l'effetto sorpresa, pensò ad un modo per oliare i cardini della vecchia porta, per impedire che il loro stridere preannunciasse la sua uscita.

Miscelo' la cenere al "Forte" e vi aggiunse pure del pesce essiccato, producendo una poltiglia maleodorante che, però, produsse l'effetto sperato.

Ne cosparse copiosamente i cardini ed attese, tremando forte, che la poltiglia penetrasse a sbloccare i danni che il salso aveva provocato nel metallo.

Era giunto il momento, avrebbe affrontato la Vecia e tutte le sue orribili adepte.

Non sapeva esattamente a cosa sarebbe andato incontro, ma sapeva che non avrebbe potuto picchiare più duro degli Schiavoni in cantiere.

Leggeva quello scontro in chiave fisica, come sempre aveva fatto nella sua vita.
Mani, coraggio ...ed ancora mani.

Forza e velocità, nonostante gli anni e gli acciacchi, non gli mancavano.

Si catapulto' in Corte e la Vecia era lì, ad aspettarlo...

In piedi, al centro della Corte, insolitamente sola, gigantesca e magra, orribilmente magra, brandiva un lungo legno nella mano sinistra ed una veste scura ricopriva quasi completamente la sua figura. 

 

 

 

 

The end

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Il vecchio marinaio, fremente di brividi, forte solo della sua paura, divaricò le gambe e non seppe fare nulla di più che serrare i pugni lungo i fianchi…

 

La strega lo fissava con occhi scuri e terribili, mentre lui tentava di ricambiare col suo sguardo trasparente come l’acqua.

 

Il respiro della creatura sembrava evocare il vento che soffiava in certe giornate di tormenta ma pareva non uscire dal suo corpo. 

 

Era come se l’intero campiello respirasse con lei, se l'intera città si gonfiasse come il suo scarno petto…

 

Marino le arrivava si e no all’omero, ma l’eccezionale statura della creatura era forse la cosa che meno lo terrorizzava.

 

Erano le circostanze ...ed il ricordo di storie lontane, che lo atterrivano.

 

Ma ormai era lì...

 

Giammai sarebbe scappato!

 

La strega non avrebbe potuto picchiare più duro degli squeraroli della Slavonia o dei temibili giganti comacchiesi, pensò.

 

Ma i pensieri confusi che vorticavano nella sua mente non potevano soffocare un terribile presentimento…

 

Lo scontro non sarebbe stato solo fisico … e le forze in gioco potevano essere di nature sconosciute.

 

Se lo sentiva…

 

Forse Marino aveva solo voglia di porre fine a quella sua esistenza grama ed aveva scelto un modo curioso di farlo.

 

Il non avere nulla da perdere però parve dargli, se non coraggio, uno slancio…

 

Avanzò verso la figura quando questa, in silenzio, distese il braccio e, lentamente, tracciò una linea rettilinea sul terreno.

 

Poi disse, con voce simile al rumore delle tempeste in mare aperto, ’’Questa linea segna la fine della tua storia, vecchio pazzo!’’

 

Ed aggiunse: ‘’prima di ucciderti, voglio onorare il tuo folle coraggio, vecchio!’’

 

Marino, stordito e raccapricciato, fece cenno col capo di proseguire e la figura si girò, voltandogli le spalle.

 

Ed iniziò il suo racconto...

 

‘’Vivo in questa misera corte da centinaia di anni. 

Di giorno assumo le sembianze del gatto, del topo, del corvo. 

La notte mi trasformo in ciò che vedi e raduno intorno a me le vergini che seduco nei sogni sotto forma dei loro desideri, dei loro bisogni, delle loro passioni...

Cancello la durezza delle loro vite, fornendo ciò che una esistenza misera non può offrire loro.

Traccio segni sui loro corpi e le vincolo a me con i sortilegi e con la magia.

Scompiglio le loro certezze, le allontano dalla fede e regalo loro piaceri passeggeri che nutrono la loro vanità’’.

 

‘’Le tue sono solo vuote illusioni, vecchia strega!’’ Una voce risuonò facendo sussultare Marino sino a farlo vacillare e costringendo la figura a voltarsi di scatto, con un’espressione se possibile ancora più perfida.

 

Sotto il vòlto di accesso al campiello, sorretto dai servi, si affacciò il Musicista.

 

Marino, non riuscendo a  trattenere un urlo, si proietto’ verso di loro, trovando in quell’inaspettata visita, nuovo coraggio.

 

A pochi passi da loro, la strega si preparava allo scontro brandendo il bastone e sibilando come nulla in natura si era sentito sino ad ora. 

 

Furente, avanzava verso i quattro. 

 

Il Musicista urlò all’indirizzo di Marino: ‘’…hai il Pentacolo! ...Usalo!’’ 

 

E marino, evidentemente confuso, si ricordò di averlo nella bisaccia.

 

‘’Usalo, ricorda, i numeri!!’’ gli ripeteva l'amico...

 

Ma fu tardi, un colpo terribile scagliò a terra il pescatore, la dove sino a poche ore prima era ben piantata la vecchia vite.

 

Il Musicista urlò di nuovo: ‘’…estrai il Pentacolo!!!’’ 

 

Marino, nonostante il dolore lancinante, estrasse l’oggetto pochi istanti prima che la figura gli si scagliasse contro, per finirlo.

​

Nella zuffa riuscì a stringerlo in una morsa con la mano destra, sferrando un pugno sul volto della strega, che parve nemmeno sentirlo. Ormai la bestia gli ruggiva addosso… L’odore degli inferi lo stordiva ed  a stento, sullo sfondo, udiva le frasi che il Musicista strillava con tutto il fiato di cui era capace…

 

‘’Non la forza, Marino!!’’ ‘’…Usa il Pentacolo!!!!’’ ''Ricorda, i Numeri sconfiggono i Segni!!!!

 

Marino, ad un passo dalla fine, interpretò a suo modo le parole del Musicista e, con un gesto deciso, ficcò il Pentacolo in fondo alla bocca mostruosamente spalancata della creatura, prima che questa potesse sferrargli il colpo mortale.

 

La creatura si ritrasse di scatto, portando le mani alla gola, indietreggiando di corsa sino ad impattare di spalle contro una vecchia casa, demolendola in parte, restando sepolta dai detriti della misera dimora.

 

Marino era nuovamente in piedi, a fianco del Musicista, ansimante e stordito...

 

Quello che vide poi, fu il nulla… sfinito, cadde a terra in una nuvola di polvere.

​

 

Si risvegliò due giorni dopo, nella casa del Musicista dove era stato trascinato dai servi per essere curato.

 

Senza saperlo, aveva liberato la città da una presenza che da centinaia di anni la affliggeva.

 

Senza saperlo, era riuscito a porre un lieto fine alle terribili storie che il Prete - e sua madre - gli raccontavano nei giorni lontani della sua infanzia.

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