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Marino Chapter 7

Sulla prora della sua tartana vi era disegnata una stella, inscritta in un cerchio, mentre lungo la chiglia due nastri rossi dipinti correvano sino al possente timone, a poppa.

Alla fine dell'inverno, ogni anno, Marino si premurava di ridare la pece al fasciame della vecchia barca e di ritoccare i simboli dipinti che inesorabilmente il salso rovinava.

Non era mai stato all'Arsenale a Venezia, ma un tempo si era guadagnato il pane come calafata ai cantieri che avevano reso grande la sua città,  archiviati gli antichi fasti frutto della raccolta del sale.

Lì, senza che nessuno si premurasse di insegnargli come, aveva imparato a riparare le barche ed a mantenerle in perfetta efficienza.

Imparò che se il legno passava prima per il fuoco che per l'acqua, la barca navigava meglio e durava di più.
Imparò a maneggiare la pece rovente senza ferirsi e scoprì le differenze di resa tra i legnami.

Sua madre poi, cantando nenie seduta in calle con le altre donne a lavorare, gli aveva permesso di scoprire i segreti della veloce tramatura delle nasse e la maniera per stenderle e piegarle con facilità.

In più, il materno precetto di usare il naso e di fidarsi solo di esso, in mare, (...ma soprattutto in laguna...) facevano la differenza tra una buona od una cattiva pescata.

Infine c'era il Vento, suo "secondo" fidato, che faceva il resto...

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